Annalisa Di Maio è una psicologa della Cooperativa e Gea, impegnata nei servizi di Assistenza Scolastica Specialistica e doposcuola per bambini e ragazzi BES, DSA e ADHD.
Quando intervistiamo gli operatori per la rubrica “Gea si racconta” ci troviamo sempre di fronte a mondi da scoprire, profondamente diversi tra loro. C’è chi ci travolge con la propria voglia di raccontarsi e chi si rivela parola dopo parola, lasciandoci assaporare il piacere della scoperta. Con Annalisa è andata più o meno così. Il suo approccio mite ed educato cela in realtà un temperamento forte ed appassionato, che non tradisce le sue radici napoletane e che trova la sua massima espressione nei servizi che quotidianamente svolge per Gea.
1) Chi sei? Quale è stato il tuo percorso formativo?
Sono Annalisa, ho 42 anni e da anni lavoro con i bambini normodotati e diversamente abili come psicologa. Ho conseguito la laurea in Psicologia Clinica nel 2006 a Caserta, scegliendo questo indirizzo perché abbraccia tutti i fronti, permettendomi così di avere una visione ampia della materia. Ho fatto il tirocinio in ASL a Torre del Greco, nel servizio di Neuropsichiatria Infantile, ed a Alessandria nel dipartimento Disordine Mentale seguendo gli psicotici e gli schizofrenici in équipe.
Prima di arrivare qui ho lavorato a Torino come educatrice per una cooperativa, non solo all’interno di una scuola ma anche a livello territoriale.
2) Da quanto sei qui?
Sono qui da 12 anni, durante i quali ho maturato esperienza negli asili nido come educatrice e come maestra per quasi cinque anni in una scuola materna privata.
3) Da quanto lavori in GEA?
Da un anno e mezzo, quasi due. Mi occupo prevalentemente di Assistenza Scolastica e da ottobre faccio parte del progetto BES-TIME, come tutor specializzato nel doposcuola specialistico per bambini e ragazzi con bisogni educativi speciali.
4) Qual è il ruolo dell’assistente scolastico?
L’Assistente Scolastico ha un ruolo fondamentale come figura di supporto alla classe e agli insegnanti di sostegno; spesso si tratta di un ruolo difficile perché il contesto non riconosce sempre questo tipo di figura ma è nostro compito inserirci nella dinamica della classe e, più ampiamente, della scuola. A volte le maggiori difficoltà che incontro nel mio lavoro derivano proprio da questo, da uno scarso riconoscimento del ruolo che rivesto e dei compiti ad esso correlati. Qualcosa che va oltre le “qualifiche” che ognuno di noi possiede, ma che concerne il lavoro di squadra ai fini dell’integrazione dell’alunno.
5) I bambini che segui che tipi di problematiche hanno?
Sono molto varie. Ci sono bambini che hanno delle disabilità gravi che hanno bisogno di un supporto costante ai fini dell’inserimento; poi ci sono bambini con ritardi cognitivi o formi lievi di autismo che riescono ad interagire meglio. L’obiettivo è sempre lo stesso ed è quello di far integrare il bambino con la classe nelle routine giornaliere, dall’andare in bagno alle attività in palestra. Il nostro ruolo è quello di supportare e supervisionare queste attività, ai fini di un’inclusione a 360° del bambino.
6) In quali istituti operi?
Per le scuole medie, seguo due bambini alla Fantappié e alla Tecchi di Viterbo. Per quanto riguarda invece le elementari sono attiva alla De Amicis, mentre alla materna presso la scuola del Centro Storico.
7) Parlaci del progetto BES-Time.
Si tratta di un bellissimo progetto, che risponde a delle esigenze concrete e crescenti delle famiglie del nostro territorio. Quello dei bisogni educativi speciali, come la dislessia, la disortografia, i deficit di attenzione o iperattività, è un ambito ancora che affronta disturbi sempre più diffusi tra bambini e ragazzi. Il BES offre un doposcuola specializzato che fornisce agli studenti e alle famiglie gli strumenti per affrontare tali disturbi.
Personalmente seguo una ragazzina di 14 anni con disturbo dell’attenzione, con la quale abbiamo intrapreso un percorso che sta portando a buoni risultati in termini di metodologia di studio e memorizzazione. Questa attività di tutoraggio serve infatti per integrare il lavoro scolastico attraverso percorsi semplificativi (mappe concettuale, schemi), così da indirizzare i ragazzi a buone strategie da riutilizzare in classe.
8) Cosa ami del tuo lavoro?
Ciò che amo di più è entrare in relazione con i ragazzi, creare una connessione con loro attraverso l’empatia, spesso alimentata anche solo da uno sguardo quando ci sono problematiche comunicative di altro genere. Con ognuno di loro c’è un modo diverso di comunicare, un mondo diverso da scoprire. Questo è ciò che amo del mio lavoro e che mi appaga di più, oltre al fatto di raggiungere insieme ai ragazzi gli obiettivi prefissati insieme.
a cura di Cristina Casini
Ufficio Stampa e Comunicazione
Cooperativa Sociale Gea